L’ITALIA DEL SILENZIO

Edizioni: Copertina rigida
Pagine: 191

Secondo la "vulgata" antifascista, l'8 settembre è la data di inizio dell'Italia democratica che, attraverso la rigenerazione della Resistenza, è approdata alla Costituzione del 1948. Secondo la "controvulgata" revisionista segna invece la "morte della patria" così come era stata costruita nell'Italia liberale e riproposta nel Ventennio. Entrambe queste tesi si fondano su un presupposto discutibile perché partono da scelte fatte da minoranze: i partigiani e i "repubblichini". Invece, dopo l'armistizio la maggioranza degli italiani non si è schierata né per la "rottura" resistenziale né per la "continuità" della RSI: l'elemento caratterizzante di quel periodo è stata l'ampia zona grigia del silenzio, dell'attesa, del disimpegno, del rifugio in percorsi di sopravvivenza individuale. È l'Italia che ha subito il fascismo senza diventare fascista, e che ha vissuto l'antifascismo senza essere antifascista. Soprattutto, è l'Italia che non ha fatto i conti con il proprio passato e che ha usato le spinte contrapposte della lotta partigiana e della repressione di Salò per autoassolversi: la Resistenza, opera di pochi, è diventata l'alibi per rappresentarsi come paese vincitore; la Repubblica Sociale, a sua volta, è servita per restringere a una minoranza l'identificazione del "fascista". Il risultato è un'Italia dal senso morale fragile, dove tutta la classe dirigente complice del fascismo si è rifatta una verginità senza pagare pegno.

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